Chiesa di San Martino Vescovo
Costruita ex novo nel 1728 in sostituzione della precedente chiesa quattrocentesca nei pressi del Castello, la quale non era più adatta ad accogliere il numero sempre crescente dei fedeli della parrocchia. La struttura esterna si presenta in stile neoclassico, con facciata e scalinata in pietra e loggia a semicerchio con due rampe di accesso. Nel 1852 assunse l’aspetto attuale quando furono costruite le navate laterali. All’interno, spicca l’altare in marmo policromo, i dipinti in stile neoclassico e tre nicchie in legno in puro stile barocco contenenti le statue di San Martino, dell’Immacolata Concezione e di San Michele Arcangelo. Le volte a botte si ergono maestose integrandosi perfettamente con un soffitto contenente un dipinto che raffigura il Vescovo di Tours. La navata centrale fu ridecorata 1926 in seguito ai danni procurati da un incendio nel 1898. Il campanile, iniziato a costruire nel 1900, non fu mai ultimato.
Chiesa di San Mauro Martire
Chiesa ultimata nel 1714, costruita, come si evince dalla lapide interna, per volere della famiglia del duca Antonio Maria Ceva Grimaldi e dell’arciprete Buonhome a partire dal 1682. La facciata è molto semplice con un finestrone rettangolare centrale; il campanile del Settecento richiama lo stile vanvitelliano con la sua cupola a cipolla, rivestita di embrici maiolicati gialli e verdi. È intitolata a San Mauro, il cui martirio è raffigurato da un dipinto posto in una nicchia situata sul portone di ingresso in pietra. Accedendo all’interno, la struttura è a navata unica con pregevoli stucchi settecenteschi. Inoltre, si possono osservare dipinti ad olio dei pittori solopachesi Decio Frascadore e Lucantonio D’Onofrio e una statua in legno di San Rocco. L’altare maggiore è sormontato da una grande pala dipinta ad olio da Decio Frascadore rappresentante il martirio di San Mauro e della sua famiglia.Chiesa ultimata nel 1714, costruita, come si evince dalla lapide interna, per volere della famiglia del duca Antonio Maria Ceva Grimaldi e dell’arciprete Buonhome a partire dal 1682. La facciata è molto semplice con un finestrone rettangolare centrale; il campanile del Settecento richiama lo stile vanvitelliano con la sua cupola a cipolla, rivestita di embrici maiolicati gialli e verdi. È intitolata a San Mauro, il cui martirio è raffigurato da un dipinto posto in una nicchia situata sul portone di ingresso in pietra. Accedendo all’interno, la struttura è a navata unica con pregevoli stucchi settecenteschi. Inoltre, si possono osservare dipinti ad olio dei pittori solopachesi Decio Frascadore e Lucantonio D’Onofrio e una statua in legno di San Rocco. L’altare maggiore è sormontato da una grande pala dipinta ad olio da Decio Frascadore rappresentante il martirio di San Mauro e della sua famiglia.
Chiesa del SS Corpo di Cristo
Chiesa del XVII secolo, la sua costruzione andò dal 1617 al 1660. Presenta una facciata decorata con bassorilievi raffiguranti rosoni floreali congiunti mediante fasce orizzontali incavate. L’ampio portone di ingresso è affiancato da due nicchie che in passato contenevano le statue dei SS. Pietro E Paolo. Guardando la chiesa, sulla parte sinistra, si erge maestoso il campanile, costruito da Giovanni Ugino secondo gli schemi tipici vanvitelliani e ultimato nel 1794. La cupola del campanile è coperta da embrici gialli e verdi, originariamente provenienti da Cerreto Sannita. L’interno della chiesa vede una struttura a croce latina con cappelle laterali e soffitto in legno. Un tempo le cappelle si ergevano su entrambi i lati della chiesa, successivamente le cappelle sulla parete sinistra sono state abbattute. Tra le cappelle superstiti, degna di nota è quella del Sacro Monte dei Morti che ospitava l’omonima confraternita. Alla cappella si accede attraverso un cancello ligneo datato 1678, al suo interno è decorata da pregevoli stucchi eseguiti probabilmente da Domenico Antonio Vaccaro, attivo nella vicina Guardia Sanframondi. Sull’altare della cappela era sistemato un dipinto di Decio Frascadore rappresentante la Madonna tra le anime purganti, attualmente conservato nella Chiesa di San Matino. Ad arricchire l’arredo della cappella ci sono inoltre tre busti reliquiari in legno risalenti al XVII secolo e raffiguranti San Liberato, San Vincenzo e una Santa martire, quest’ultimo atribuito allo scultore Giacomo Colombo.
Santuario di Maria SS. del Roseto
Il Santuario di Maria SS.ma del Roseto, edificato nel territorio del Comune di Solopaca, in provincia di Benevento, nella Diocesi telesina, si trova sul Monte delle Rose, all’interno del Parco Regionale del Taburno-Camposauro, a 608 m. di altitudine. Il luogo sacro è sorto, probabilmente, intorno all’anno Mille. Dopo varie vicissitudini, nella prima metà del XIX secolo, si sviluppò la devozione popolare verso la “Madonna del Roseto”. Il tempio custodisce una scultura lignea della Madre di Dio che, anche se più volte manomessa, viene ritenuta di stile romanico. La chiesa di Maria SS.ma del Roseto è stata confermata con la qualifica di Santuario Mariano da mons. Giuseppe Mazzafaro il 25 marzo 2022.
Il primo documento sotto il titolo di “Santa Maria del Roseto” risale al 1214; menzionata nel tenimento di Melizzano, in origine era un’abbazia dei Benedettini Bianchi (forse “Verginiani”) e l’abate esercitava la sua giurisdizione su tutta la contrada. La prima comunità monastica fu guidata dal Priore fra Simone. Successivamente subentrò come Priore, per lungo tempo, il benedettino fra Nicola di Pietro o da Preta, con il titolo di “Abate speciale” e “Rettore del Monastero e della Badia di Santa Maria del Roseto”. Alla morte di fra Nicola (30 gennaio 1374) divenne primo Abate del Roseto Giovanni da Morcone dell’Ordine di San Benedetto. La comunità monastica dovette estinguersi tra il 1536 e il 1595 per l’introduzione della “commenda”; da allora cominciò la dissipazione delle rendite e il degrado del complesso. La chiesa nel XVIII secolo era di patronato dei Marchesi Corsi Salviati di Firenze che detenevano il feudo di Caiazzo di cui Melizzano faceva parte; l’economo risiedeva nel comune di Melizzano mentre in montagna viveva un eremita. Nella chiesa era presente, oltre alla statua lignea, anche un quadro molto consunto raffigurante Maria SS. del Roseto e Sant’Agata; tutte le suppellettili erano vecchie e la campana era rotta; nell’edicola sopra la porta d’ingresso l’immagine della Beata Vergine era ormai illeggibile. La cappella fu restaurata nel 1747 ad opera del vescovo mons. Antonio Falangola (Sorrento, 30 dicembre 1699 – Caserta, 25 marzo 1761) e le rendite furono aggregate alla parrocchia di San Mauro in Solopaca. Nel 1805 il terremoto del Molise fece crollare l’appena restaurato Santuario e la statua della Madonna, salvatasi, venne trasportata nella chiesa parrocchiale di San Mauro. Nel 1840-1841 la caduta di un fulmine provocò gravi danni alla cupola della Chiesa ed al Campanile. La campana venne riparata nel maggio del 1844. Nello stesso anno, a seguito di una grave siccità, la statua venne portata in processione facendo voto che, nel caso in cui fosse tornata la pioggia, i cittadini di Solopaca avrebbero riedificato la chiesa. Dopo pochi giorni, cominciarono i lavori di ricostruzione e Il 14 giugno 1844, alle ore 10:00, la Chiesa della Madonna del Roseto fu benedetta da don Arcangelo Canelli alla presenza di circa 30 fedeli e fu aperta una nuova via per raggiungere facilmente il Santuario del Roseto. Il 12 luglio dello stesso anno furono acquistate le corone d’argento per la statua della Madonna e del Bambino mentre il 16 luglio fu riportato in montagna anche l’antico quadro che era stato custodito personalmente da don Arcangelo Canelli.
Il 15 luglio 1848, a causa di una nuova forte siccità che minacciava il raccolto dell’anno, la statua della Madonna del Roseto fu di nuovo portata processionalmente dal Santuario in montagna fino alla Chiesa del SS. Corpo di Cristo per chiedere la pioggia. Nella stessa giornata, solo due ore dopo il termine della funzione, principiò miracolosamente la pioggia tanto attesa. La statua della Madonna fu riportata in montagna solo il 12 gennaio 1851. Il primo lunedì di giugno di quell’anno iniziò la tradizione di portare processionalmente in penitenza la statua della Madonna dal Santuario alla Chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Il 10 maggio 1852 iniziarono i lavori di ampliamento del Santuario che videro il concorso di tutto il popolo solopachese; la nuova chiesa fu completata nel 1857.
Congrega dei Sette Dolori
Nel centro del paese, fra i due casali più importanti, Capraia e Precusi, venne canonicamente eretta nel 1710 la Congrega della SS. Vergine dei Sette Dolori. La chiesa, già sede della Parrocchia di San Martino Vescovo, ospitò la Confraternita che aveva come principale scopo il culto dell’Addolorata. La chiesa, ad unica navata, presenta una facciata con un portale in pietra risalente all’inizio della seconda metà del XVIII secolo; nell’abside si trova la statua dell’Addolorata, mentre l’altare racchiude una statua lignea di Gesù Morto. Sulla parete sinistra si trova una pala d’altare settecentesca rappresentante l’Addolorata che originariamente si trovava sull’altare incorniciata da una cornice in stucco ancora oggi visibile.
Chiesa di San Leonardo
Le prime notizie riguardanti la chiesetta si hanno a partire dal 1485. Nel 1596 l’edificio già appariva abbandonato, con un unico altare ornato dalla statua del santo di Noblac. Durante il XVII secolo però dovette subire un ampliamento, perché alla fine di questo secolo (1685-87) è descritto con due navate divise da tre archi successivi. Nello stesso periodo, probabilmente, si sostituì la vecchia statua del santo con quelle della Madonna di Costantinopoli (somigliante alla Madonna del Roseto che si trova in montagna), di S. Caterina e S. Leonardo, attualmente ancora in loco. Un campanile si ergeva sul muro laterale della sagrestia, come appare in una Platea figurata del 1711. Accanto alla chiesetta, che assunse l’aspetto attuale nel 1794, vi è un fabbricato che lascerebbe supporre la presenza in passato di una comunità religiosa. L’appellativo di abbazia che viene dato alla chiesa in alcuni documenti avallerebbe questa ipotesi, ma, in un decreto datato 31 gennaio 1794, venne concessa all’amministrazione di Solopaca il diritto di proprietà dello stabile e quello di nominare un eremita laico. Gli eremiti furono nominati fino al 1937 e dopo la morte dell’ultimo nel 1962 l’edificio attiguo alla chiesa venne abbandonato. La chiesa è chiamata anche col titolo di Santa Maria di Costantinopoli per la Madonna omonima che qui si venera. Nel tempio, oltre alle sculture lignee policrome citate in precedenza, si conserva anche una statua di San Nicola di Bari, in origine appartenente alla chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Chiesa di Santa Maria Te Amo
La prima notizia riguardante S. Maria a Lama risale al 1328. Nel Quadernus Reddituum Civitatis Thelesiae – copia effettuata dal notaio Giovanello d’Angelo di Cerreto nel 1426 da un originale che viene chiamato antiquissimo e che pertanto doveva risalire perlomeno al Trecento – la chiesa risultava essere la più ricca esistente a Solopaca. La facciata, su cui si erge un piccolo campanile, è molto simile a quella dell’abbazia di Sant’Anastasia presso Ponte (BN). L’interno, di piccole dimensioni, è stato rimaneggiato più volte. Un arco a tutto sesto nell’abside, in passato celato da una tela seicentesca, fa pensare che l’edificio abbia un’origine romanica. Nei primi anni del XVII secolo la chiesa fu decorata con bellissimi stucchi barocchi nell’abside che precedentemente era interamente affrescato. I dipinti, però non furono distrutti, ma semplicemente coperti dalla pala d’altare. Gli stucchi, infatti, incorniciarono una tela rappresentante L’Immacolata Concezione realizzata nel 1603 dal pittore Sebastiano D’Abicino. Sotto il dipinto furono scoperti degli affreschi tardogotici databili tra la fine del XIV secolo e gli inizi del XV. La piccola navata della chiesa di S. Maria Te Amo è adornata da una cantoria lignea e da quattro nicchie nelle pareti. A sinistra si trovano le statue di S. Teresa di Gesù Bambino (risalente al XX secolo) e l’ottocentesca Addolorata con Gesù Morto. Nella parete destra ci sono due nicchie vuote che un tempo ospitavano sculture lignee policrome rappresentanti una L’Immacolata Concezione e l’altra La Madonna del Roseto, riproduzione ottocentesca di quella più antica. Le due piccole sagrestie, adiacenti alla chiesa a destra dell’altare, hanno i soffitti decorati a tempera su carta dove sono rappresentati un San Michele Arcangelo e un Santo in gloria.
Chiesa del Carmine
I lavori di costruzione di questa chiesa ebbero inizio il 7 settembre 1864 e furono portati a termine solo nel 1886. Il 14 luglio dello stesso anno – dopo avervi trasportato la statua della Madonna del Carmine che era stata eseguita a Napoli nel 1870 – fu benedetta e aperta al pubblico dal sacerdote Filippo Di Mezza che con proprio denaro e con offerte dei fedeli ne aveva curato la costruzione. L’altare maggiore fu benedetto nel 1890 quando vi furono poste le reliquie dei santi Urbano, Vittore e Fedele. La facciata presenta quattro lesene con capitelli corinzi che, poggiate su un alto zoccolo, sostengono un timpano terminale. L’interno, ad aula unica, presenta lesene con capitelli ionici ornati da festoni e altre decorazioni in stucco.